Fumo e notte
Guardò in
alto. L’aereo passava lentamente sopra la sua testa, nella notte fredda e
pulita, emettendo un lontano strascico di rumore appena percettibile. Fissò il
velivolo a lungo, immaginandone la forma solamente accennata dalle luci di
volo, finché scomparve confondendosi nella Via Lattea. Ma idealmente continuò a
seguire l’aereo. Per un attimo gli sembrò quasi di stare a bordo, su un comodo
sedile, senza preoccupazioni, in uno stato di piacevole torpore, perché sapeva
di stare viaggiando. Non importava
dove, non importava per quanto tempo; importava solo che qualsiasi fosse la
meta di quell'aereo, lui ci stava andando.
Una folata di gelida brezza notturna lo precipitò di colpo dall'aereo
facendolo tornare sul mondo reale.
… Fa un freddo cane stasera!
La sigaretta,
arrivata al filtro, si era spenta senza neanche avvisarlo. Poco male. Tirò
fuori il pacchetto da dieci di Amadis e ne sfilò un’altra, accendendola
faticosamente dopo svariati tentativi. Ne aveva già fumate sette quella
sera: troppe. E il bello è che neanche gli piaceva così tanto, era solo che non gli sembrava ci fossero grandi alternative in quel momento.
Aveva iniziato da poco a fumare, un anno appena, ma già dopo un mese si
era promesso di smettere. Eh sì, non aveva mai avuto le idee tanto chiare, il
nostro amico, su quale fosse stata la cosa giusta o la cosa sbagliata. Anche adesso, che desiderava tanto salire al volo su
quell'aereo che ogni tanto passava di lì, non era sicuro che ce l’avrebbe
fatta. Non poteva fare a meno di costatare, in ogni momento, che le idee erano
una cosa, e i fatti un’altra.
Nella notte, le colline e le campagne del variopinto paesaggio della Ripa erano un fitto manto scuro senza contorni, interrotto soltanto dalle
luci dei casali e delle macchine sulle strade, dando l’idea di un mondo che non
avesse niente a che fare con il nostro. Eppure, preferiva quel “nonvedere” al
“belvedere” di sempre. L’oscurità celava lo spazio della valle, ma non il senso
del vuoto, che di notte, affacciandosi al muretto, veniva percepito anziché visto, e questo rendeva la cosa diversa, meno
banale, meno scontata. Lì, di notte, si poteva ammirare un paesaggio senza
lo sforzo di osservarlo.
Finì di fumarsi la sigaretta, assaporandone il nero
gusto, e ascoltando attentamente lo sfrigolare del tabacco. Aveva provato
parecchie marche di sigarette quell'anno, ma poi s’era fermato stabilmente
su quelle. Non perché le preferisse alle altre, ma perché un giorno una
graziosa ragazza che aveva conosciuto durante una
rappresentazione teatrale dedicata a Vincenzo Cardarelli gliene aveva offerta
una, e l’aveva fatto in un modo da adolescente
così disarmante che lui, da quella sera, aveva comprato solo le Amadis, forse
per ricordarsi di lei.
(da "Vago" capito primo, Luca Cerquatelli, 2001)
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